La Rubrica di Caterina

Sullo stesso treno delle 8:27 lungo la tratta Saronno-Milano, ma in un vagone diverso…

Credo che una presentazione sia doverosa. Certo, conduco una vita piuttosto intensa, nel senso che prendo il treno alla mattina, cammino con passo svelto per una bella mezz’ora prima di arrivare in ufficio, e in questo tragitto mi capita spesso di chiacchierare, con un tono di voce che denota forse la mia parziale sordità all’orecchio sinistro, conversando di me, dei miei amici. Può esservi capitato di avermi visto, o ascoltato, anche contro voglia, mentre stavate sonnecchiando sul treno pendolare delle Ferrovie Nord Milano. Ma forse una presentazione ufficiale non sarebbe meglio che deduzioni da stralci rubati di conversazioni occasionali?

Quindi, eccomi. Mi chiamo Caterina. Ho 25 anni, laureata da 2 anni in Economia con il massimo dei voti, vivo con i miei genitori nell’hinterland di Milano. Sono al primo impiego “serio”, dopo alcuni mesi passati ad inserire dati in SAP, come stagista sottopagata e altamente frustrata.

Dopo l’ultima proposta di stage presso una società di consulenza americana, famosa per la sua passione per il golf e per il fatto di trattare gli stagisti come i salvatori delle sorti lavorative dell’intera azienda, caricandoli di lavoro in maniera abnorme, mi sono decisa a cambiare ramo. Professionale, ma anche logisitico. Mi sono spostata nell’area tanto decantata ma forse poco conosciuta della carta patinata.

No, non consegno volantini alla fermata della metropolitana. Mi occupo di una rubrica editoriale. Che colpaccio! direte voi. Ma come avrà fatto?

Ho fatto che, sul treno, ho conosciuto una signora per bene, seduta proprio di fronte a me. Quel giorno, non conoscendo nessuno nel vagone, mi sono immersa nella lettura di una rivista per giovani come me le quali, per non pensar troppo alle prospettive poco rosee del futuro, si concentrano piuttosto sulle sventure – amorose, per lo più – dei divi del cinema.

Nel mentre la suddetta signora mi guarda e, ammiccando, mi dice “vedo che questa rivista la sta interessando molto, vero?”.

Sarà, ma io trovo che le frasi lapalissiane stiano diventando piuttosto inflazionate di questi tempi. Molto meglio un interessante silenzio, non credete?

Sollevai lo stesso il capo, la guardai sorridendo (o pensando di sorriderle, non ricordo) e risposi, forse per darmi un certo tono in un periodo in cui la mia autostima stava forando il marciapiede, “cosa vuole, non che gli articoli siano particolarmente interessanti. Potrei scriverne di meglio, ma è giusto per passare il tempo, no?”.

Lei annuisce, anche se un po’ contrariata, e mi chiede di rimando “quale pensa che sia il difetto di questi articoli, secondo lei?”. A quel punto, sentendo il suo sguardo attento sul mio volto, le dissi in tutta franchezza che pensavo che mancassero di corrispondenza con la vita reale delle persone, che di gente che si pone il problema tra passare il Capodanno sull’isola Maui o la Bahamas ce n’era veramente poca, e che forse una rubrica che trattasse argomenti di tutti i giorni, dalla riduzione dei vagoni del treno alla chiusura delle scuole alla questione dei graffiti che imbrattano la città, avrebbe solleticato l’interesse della gente, spingendola dire la propria e magari riuscendo a smuovere l’opinione pubblica.

Ero ancora intenta a pensare a qualche esempio di questo tipo – i barboni in via Vittor Pisani? Il non rispetto del pedone che attraversa la strada sulle strisce pedonali? – che la donna, come colta da una folgorazione, mi rispose, infervorata e rossa in volto “esatto!!! Lei ha centrato in pieno, signorina!!!”. Prese fiato e proseguì “lo sa, io sono caporedattrice di questa rivista”, e additò alla pagina aperta sulle mie ginocchia. “Lei sa scrivere?”.

Io la guardai stupita, non certa di cosa volesse dire. “Ma sì! Che importa”, proseguì, “nel caso c’è Camilla, la laureata in lettere, ma quella è tanto brava a scrivere quanto completamente priva di idee ed inventiva”.

Povera Camilla! Non la conoscevo e già sapevo che era un’inetta. Triste la vita, le brutte notizie corrono sempre veloci, e in ogni modo arrivano sempre prima di te. Guardai la donna un po’ dubbiosa. Lei non si accorse di nulla, come in preda ad una illuminazione divina. “Lei come si chiama?”, mi chiese di botto. “Caterina”, risposi. “Caterina, Caterina…uhm…”.

Sì, Caterina. Non c’è niente di strano, se non fosse che molti mi chiamavano Cate mentre io avrei voluto Kate, suona decisamente meglio, ma cosa posso pretendere? Sono nata a Saronno, mica a Londra!

“La Rubrica di Caterina… è fantastico!!!”. Mi guardò con uno sguardo che mi ricordò molto quello di Hannibal Lechter ne ‘Il silenzio degli innocenti’ ma cercai di condividere il suo entusiasmo e la guardai, con un velo di stupore negli occhi. “Le ho suggerito una nuova idea, per caso?”, mi venne da chiederle.

Lei allora, senza nemmeno scomporsi troppo, disse seria “certo che sì, anzi, direi di più. Lei sta per diventare la nuova articolista de “La rubrica di Caterina!”.

La guardai stupita, credo anche con la bocca lievemente spalancata, mentre da lì a poco la mia vita stava per prendere un corso del tutto inaspettato. Solo che non lo sapevo ancora con certezza. L’unica certezza che avevo era che avevo perso la fermata.

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